GHISOLFI: “Ho sempre sognato di fare il ds, ora costruisco il futuro della Roma. Voglio una squadra forte, giovane e ambiziosa”

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ULTIME NOTIZIE AS ROMA – Florent Ghisolfi, direttore sportivo della Roma, ha rilasciato un’intervista al sito dell’emittente televisiva Sky Sport Insider e tra i vari temi trattati ha ripercorso la sua carriera , soffermandosi su alcuni acquisti della sua esperienza in giallorosso e sul rapporto con Claudio Ranieri. Ecco le sue dichiarazioni.

Direttore, lei è nato a Aubagne, vicino Marsiglia, ma ha origini piemontesi, se non sbaglio. Partiamo da qui, dal suo dal DNA italiano e dalle sue origini…
“Sì, tre su quattro dei miei nonni erano di origine italiana e questa è una cosa importante per me. La prima cosa che mi hanno raccontato è che erano immigrati italiani in Francia e che erano stati rifiutati dai francesi perché erano i ‘mangiapasta’. Questo mi ha insegnato a non fermarmi alle differenze con l’altro, non fermarmi alle differenze di cultura, di lingua, di accento. Mai accettare il razzismo. È una cosa che mi è rimasta impressa perché sono venuti in Francia per avere una vita migliore. Loro sono emigrati dall’Italia durante la seconda guerra mondiale e oggi io sono un immigrato in Italia, fa sorridere ma anche riflettere”.

Da bambino sognava di diventare un calciatore, una passione condivisa con suo padre e suo fratello, ci racconta?
“Sì, come molti bambini avevo il sogno di diventare un calciatore professionista. Avevo intorno a me una famiglia appassionata di calcio: mio fratello, mio padre e io avevamo sempre un pallone tra i piedi. Sono felice di aver realizzato questo sogno, anche se non ho avuto una carriera calcistica modesta. Ma sono grato di aver realizzato questo sogno perché penso che la vita sia più bella quando si inseguono i propri sogni e quando si dà loro un significato. Volevo diventare un giocatore professionista e successivamente un direttore sportivo. Sto ancora realizzando i miei sogni e sono molto felice per questo. So di essere fortunato”.

Appesi gli scarpini al chiodo a 30 anni, lei ha fatto una gavetta ‘particolare’ per diventare direttore sportivo: è stato allenatore di una squadra femminile, assistente allenatore di una squadra maschile, coordinatore sportivo al Lens e infine dirigente. Questo le ha permesso di sviluppare conoscenze e sensibilità diverse, fondamentali per il ruolo di direttore sportivo. Ci spiega un po’ questo suo percorso e qual è, secondo lei, oggi la funzione del direttore sportivo nel calcio moderno?
“La prima cosa da sapere, che è un po’ sorprendente, è che ho sempre voluto fare il direttore sportivo. Anche quando ero un calciatore il mio obiettivo era quello di diventare direttore sportivo. Sono sempre stato coinvolto sia nel calcio come giocatore che nel mondo degli affari e penso che il lavoro di direttore sportivo sia un buon mix tra questi due ambiti. Poi ho avuto la fortuna di fare diversi lavori prima di diventare direttore sportivo, come assistente dell’allenatore e allenatore, e credo che questo sia stato importante nella mia crescita per avere una visione un po’ più ampia, per costruire lo staff e capire le sue esigenze, per accompagnare un allenatore, per capire le sue esigenze e i suoi problemi. Tutto questo mi permette ora di avere una visione più ampia, una qualità che credo sia davvero importante in questo lavoro. Dopodiché, credo che il lavoro di ds oggi implichi pianificazione e coordinamento: sei un ingranaggio al centro di tutto, giocatori, staff, allenatore, dirigenti, ambiente e media, e devi riuscire a coordinare tutto questo, avere una visione abbastanza chiara. Penso che se si parla poco di noi è perché le cose stanno andando bene, perché stiamo facendo un buon lavoro. Il mio obiettivo è soprattutto quello di mettere tutti i miei dirigenti nelle migliori condizioni possibili, che si tratti della squadra professionistica, delle giovanili, della squadra femminile e soprattutto del mio allenatore e dei miei giocatori, in modo che siano tranquilli, concentrati e che si trovino in un ambiente molto performante. Stiamo lavorando per costruirlo. È un lavoro che non dà subito i suoi frutti, anche se può avere un impatto abbastanza rapido, ma è un lavoro che in genere dà i suoi frutti un po’ più tardi. Il mio più grande successo oggi è il mio passato di direttore sportivo. Ero al Lens, abbiamo lavorato, costruito, me ne sono andato e il club è andato a giocare la Champions League. Sono stato al Nizza, abbiamo lavorato, costruito, siamo saliti in classifica come con il Lens e oggi il club è in procinto di qualificarsi per la Champions League. Questo è il mio miglior biglietto da visita”.

Come sceglie i giocatori su cui puntare? Qual è il suo metodo e qual è la filosofia che segue per scegliere i giocatori?
“Siamo qui per costruire carattere e ambizione, quindi credo che la mentalità sia molto importante quando si sceglie un giocatore. La mentalità di un nuovo giocatore deve corrispondere a quella che vogliamo nella squadra. La Roma ha valori diversi rispetto a Juve, Milan e Paris-Saint-Germain, quindi stiamo prestando molta attenzione a questo aspetto. Naturalmente, oltre alla personalità del giocatore, guardiamo anche a quello che vuole l’allenatore e alle tipologie di giocatori che chiede. La scorsa estate volevamo ringiovanire la rosa e dargli un po’ più di fisicità. Per fare un buon lavoro bisogna avere una buona struttura e noi l’abbiamo appena costruita. Sono arrivato a giugno e l’intero reparto scouting era a fine contratto, non c’era nessuno. Oggi abbiamo una struttura efficace. Credo molto nel potere dell’organizzazione e del gruppo, non nel potere di una persona singola. L’obiettivo è fare scelte giuste, coerenti e positive in modo che alla fine il club diventi sempre più forte. Quando si parla di selezione dei giocatori, è sempre una scelta collettiva condivisa con le persone che lavorano con noi, soprattutto con l’allenatore”.

Prendiamo il caso di Koné, perché lei era così sicuro che sarebbe diventato un giocatore importante per questa Roma?
“Come ho detto prima, è stata una scelta collettiva. Io ero convinto ma anche l’allenatore, che al tempo era De Rossi, e tutti eravamo certi che avesse le qualità giuste a livello di fisicità, tecnica e anche di mentalità. Sappiamo quanto sia difficile per un nuovo giocatore inserirsi nella Roma, ma Manu ha il carattere per imporsi velocemente. E noi dobbiamo ispirarci a questo tipo di acquisto, perché è il profilo perfetto per aiutare la squadra a progredire in tutte le caratteristiche che cerchiamo oggi per diventare più forti. Il merito è di Manu: si è integrato molto rapidamente e ha giocato da subito molto bene. Sono molto orgoglioso, molto soddisfatto per lui e per il club”.

Il rinnovo di Pisilli, che è un talento cresciuto nel settore giovanile della Roma e che faceva gola a tanti club, è la dimostrazione che gioventù e identità sono le basi del futuro della Roma?
“Sì, esattamente. Come ho detto, volevamo ringiovanire la squadra, abbiamo parlato di Manu e ora di Pisilli. Anche lui è un giocatore con una grande mentalità. Vuole sempre dare tutto per il club, per la squadra e per i tifosi. Ha qualità tecniche e anche fisicità. È un ragazzo che corre molto, ha intensità ed è aggressivo. E poi se si parla di identità… lui è proprio quello che vogliamo nella nostra squadra. Pisilli è un ragazzo fantastico, mi congratulo con i suoi genitori per l’educazione che gli hanno dato. In campo si vede che ha carattere, ma un buon carattere. Vuole aiutare la squadra a vincere, si prende le sue responsabilità quando la partita lo richiede. Tutto questo mi piace molto”.

Ci parla del suo rapporto con Claudio Ranieri? Dopo i primi mesi molto difficili con i due cambi in panchina, non avrebbe potuto scegliere uomo migliore per raddrizzare la stagione della Roma. Come ha deciso di puntare su di lui e cosa la colpisce di più di Ranieri?
“Eravamo in una situazione difficile e la scelta di Ranieri è stata molto importante per il club. Eravamo in una tempesta e avevamo bisogno di qualcuno che ci guidasse e ci aiutasse. Abbiamo parlato molto con la proprietà di Claudio. E’ una persona che porta molta calma, molta serenità, ma allo stesso tempo anche molta forza. La sua è una ‘forza tranquilla’. E poi ha tantissima esperienza. Ha una grande conoscenza della Roma e di Roma, la città, cosa che è molto importante. Per me è un’esperienza fantastica lavorare con lui, ancor più dal punto di vista umano che professionale, perché è un gentiluomo. Anche nelle situazioni di alta pressione ha sempre il sorriso sulle labbra. E’ un’esperienza semplicemente magica. È la sua ultima sfida, credo, alla Roma e ha dentro di sé il sogno di portare il club a qualcosa di grande. Fa sempre le cose con il cuore, ancora di più qui, perché è il suo club e la sua città. Quello che io devo fare è dare tutto perché sia nelle migliori condizioni possibili per realizzare il suo sogno e perché il club possa andare avanti e migliorare”.

Angelino non è un giocatore scelto da lei, è arrivato l’anno scorso ed era stato accolto anche con un po’ di scetticismo. Oggi è il simbolo di una squadra che ha ritrovato il piacere di giocare, di divertirsi e di farlo sempre in maniera offensiva. Cosa vede nella nell’ascesa di Angelino e nel suo essere un simbolo di questa squadra?
“In un certo senso è anche una mia scelta, visto che il suo riscatto è stato uno dei primi argomenti affrontati quando ho firmato per il club. Abbiamo parlato con la proprietà e con De Rossi per decidere se esercitare o meno l’opzione di acquisto. È stata una decisione collettiva per dire ‘sì, vogliamo continuare con questo tipo di giocatore’. È un calciatore affidabile, raramente infortunato, con un grande atteggiamento e grandi qualità. Non dobbiamo dimenticare che Angelino ha giocato a un livello molto alto a Lipsia, forse dopo ha avuto qualche difficoltà in più, ma oggi sta tornando a quel livello. Nel calcio lo stesso giocatore può darti 8 o 9 su 10 ma anche 3 o 4, dipende tutto dal suo stato di salute, da come sta fisicamente e mentalmente, dalla sua mentalità e dall’ambiente lo circonda. Angelino ha tante qualità, con e senza la palla, credo sia il giocatore perfetto per la Roma e per il nostro sistema di gioco. Sono molto contento che stia facendo così bene”.

La Roma nel 2025 è la squadra che ha fatto meglio di tutti, viene da 12 risultati utili consecutivi in campionato ed è risalita fino al settimo posto. È giusto non porre limiti alla vostra rincorsa verso l’alto fino anche alla lotta per il quarto posto?
“Noi non ci poniamo questa domanda, perché sappiamo da dove veniamo. Abbiamo attraversato la tempesta e ora siamo concentrati, non vogliamo mollare, questo è certo. Vogliamo dare il massimo per vedere dove arriveremo. Visto il punto di partenza, non possiamo porci limiti. Non possiamo nemmeno avere paura. Abbiamo la bava alla bocca, il coltello tra i denti e siamo pronti a continuare così e a dare il massimo. Oggi siamo riusciti a creare una famiglia. Abbiamo un gruppo unito in cui tutti danno il massimo per la squadra”.

Fuori dal calcio cosa ha imparato ad amare di Roma e del nostro Paese?
“Sono felice di scoprire questa nuova cultura e la grande storia di Roma. A Roma c’è uno stato d’animo particolare, un temperamento, dei valori, un sacco di calore e sono molto felice di essere qui. Sto imparando molto anche sul calcio, che è diverso da quello francese. Qui ci sono molti club forti e tante persone competitive. È un’esperienza di crescita incredibile. C’è una grande differenza tra Italia e Francia. In passato mi sono chiesto perché i club italiani avessero prestazioni migliori in Europa rispetto a quelli francesi e oggi lo capisco. È una questione di mentalità, di determinazione e tante altre cose che sto imparando oggi. Sto anche cercando di portare la mia cultura e le mie caratteristiche. Questo è un ambiente in cui mi sento bene e in cui voglio dare il massimo”.

Fonte: Sky Sport

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38 Commenti

    • giovane, giovane… il ds giovane, l’allenatore giovane,, er centrocampista giovane… ma prendete gente che sa fare e giocare a calcio.
      Ghisolfi 3 dei tuoi giocatori a gennaio se ne sono andati per inadeguatezza… con Lefee hai buttato al vento 30 mln. ma lascia spazio che e’ meglio.

    • da 18 più bonus i famosi 23 so diventati 30…i bonus manco so stati maturati tra l’altro.

    • Niente esaltiamo DS stranieri come se portassero il vangelo Pinto, Monchi, Ghisolfi ma a conti fatti siamo al settimo posto…
      misteri della fede giallorossa

  1. è venuto qui a imparare il mestiere, a fare apprendistato, speriamo che l’abbia terminato, lo vedremo dalle prossime mosse, al momento ricordo che il suo primo acquisto è stato Le Fee, seguito da altri magnifici prospetti spediti altrove…

    • …non direi ROCK. E’ partito da calciatore, molti DS non hanno mai giocato, ha rivestito già diversi ruoli, ha costruito al Lens cose buone, ha costruito al Nizza.
      Ottenendo risultati molto importanti con squadre che non fanno l’UCL normalmente e in Francia non ci sono 4, 5 posti per qualificarsi mi sa.
      Non mi pare quindi che a Roma sia un apprendista.
      È vero che ha trovato nel calcio italiano di che arricchire il suo curriculum e bagaglio di esperienza.
      Ma questo deve succedere a chiunque non sia presuntuoso e vada a lavorare all’estero. Pensi che…KLOPP per dire uno famoso che in Italia non ha mai lavorato venisse un giorno qui avrebbe solo da insegnare o imparerebbe qualcosa?

    • Ridimensionamento rispetto ai sesti e settimi posti.
      Ma d’altronde se avessimo davvero ambizioni non sarebbe lui il DS.
      Questo manco al sassuolo.

    • La parola d’ordine deve essere razionalità e competenza. Queste sono le cose mancate negli ultimi anni… i soldi sono stati spesi…

  2. lasciamo lavorare Ghisolfi….Con pizze e fichi e’ dura oer chiunque, si ha toppato malamente Le Fee e li dovra’ rinediare ma e’ una brava persona che secondo me potra’fare buone cose, forza Roma!!!.

    • Ce ne compri di pizza e fichi con 120 ml, solo che i fichi che ha comprato Ghisolfi nel 2024, erano in maggioranza avariati o non maturi

  3. Trovo incredibile che dopo i danni che ha fatto soprattutto quest’ estate facendo buttare pure parecchi soldi non ci sia intenzione di sostituirlo

  4. la Roma non è il PSG o la Juve ma non è manco il Bologna o la Fiorentina e se non lo capite vi meritate di essere contestati finché non ve né andate

  5. Mi incuriosisce la frase sui “valori” che ci distinguerebbero da Juve, Milan, PSG, ma magari anche da Real, City, Bayern, Liverpool ecc.
    Perché in genere la mentalità richiesta ai giocatori che arrivano in quei club è quella vincente.
    Qui invece cosa chiediamo ai giocatori che acquistiamo?
    Mi incuriosisce ma mi preoccupa allo stesso tempo.

    • Credo, ma non faccio esegesi su un’intervista, che Ghiso si riferisse ai valori, non tanto alla mentalità. Il sistema di valori di una BIG europea multinazionale del calcio come il PSG sono ovviamente diversi da quelli della Roma. La Roma ha, ancora, come valore principale la Maglia, cioè la rappresentazione nel calcio dello spirito della Città, dei suoi tifosi, è appunto più simile al Liverpool se dobbiamo guardare all’estero, che al PSG, appunto.

    • Dai su, è un concetto un po’ banalotto nonché interpretabile in modo controproducente.
      Soprattutto in un’era del calcio in cui le rose sono composte al 90% da giocatori stranieri che poco o nulla possono sapere dei “valori” (aleatori) di un club, e in particolare di uno che ha vinto poco e niente.
      Un’epoca in cui le bandiere non esistono più e in media un giocatore cambia almeno 5 o 6 squadre durante la carriera.
      I “valori” che si ricercano in un giocatore credo siano comuni per tutti, possibilmente forte e professionalmente inattaccabile.
      Il secondo aspetto è perseguibile da ogni club, il primo un po’ meno.
      La Roma non è meno multinazionale del PSG, ha solo molti meno soldi da spendere purtroppo.

  6. …però è meglio CORVINO no? praticamente a fine carriera una vita tra Casarano, Lecce, Fiorentina… con rispetto parlando nessuna delle precedenti l’ha portata in UCL o a lottare per lo scudetto.
    Non so se Corvino sia mai stato giocatore, vice allenatore, allenatore di una femminile etc. etc. forse un giorno?
    No, GHISOLFI ha già fatto meglio e quanti anni ha?
    Per il resto non basta un buon DS per ottenere risultati importanti. Non basta RANIERI per una forte ROMA.
    Non è bastata la sua ROMA a TOTTI per vincere quello che ha vinto…MALDINI per esempio. E tanti altri.
    Ma TOTTI è per me il più forte di tutti.

  7. “La Roma ha valori diversi rispetto a Juve, Milan e Paris-Saint-Germain, ” ti sta dicendo che loro vogliono vincere e tu ti accontenti di partecipare e fare un buon campionato… Ghisolfi crede di essere arrivato al Chievo di Campedelli… che individuo!!!

    • Caro Lord… Che fine hanno fatto i vecchi valori… su cui potevi contareeee. La Famiglia Griffin e’ qui….

  8. questo secondo me crede che la Roma sia un Monza qualsiasi ma alla fine non è manco colpa sua ma di chi lo ha portato qui e siccome gli fa comodo che poi i tifosi trovano un caprio espiatorio con cui prendersela non lo rimuovono

  9. cari tifosi romanisti mica vi sarete messi in testa de compete con il Milan e la Juve? mica vi sare messi in testa di rifare la Champions entro un anno? ma ve rendete a chi sta in mano la Roma e a come ce trattano?

  10. amazza ambizioso questo..c avemo na proprietà ricca,ma il fpf managgia ci impedisce di essere anche come questo milan ridicolo….embe

  11. questo doveva essere tra i primi ad essere cacciato e sostituito con un bravo DS italiano e invece gli lasciano fare ancora danni

  12. Con Rensch e pisilli nn vai da nessuna parte, sei riuscito a fare un contratto milionario a Pisilli che ancora deve dimostrare tutto, hai preso Rensch che nn ti sposta nulla ci mette impegno e serietà ma nn basta, ci vuole qualità gamba e fisico

  13. eppure non è difficile da capire, lo dice molto chiaramente, siamo qui “per costruire carattere e ambizione”. Non sono cose che si fanno dall’oggi al domani.
    Sul carattere Ranieri ci sta lavorando, sull’ambizione è un po’ più complicato perché la Roma non ha una mentalità da grande squadra e quella la devi imparare col tempo, è anche un fatto culturale. Il che significa che servirà ancora pazienza, facciamocene una ragione.
    Ha preso una cantonata con Le Fee? Ok, ma chi lo ha preceduto non ha forse fatto errori anche molto più clamorosi? Dobbiamo ricordare i vari Karsdorp, Belotti, Iturbe, Schick? Ed è meglio che mi fermi qui, ce ne sarebbero tantissimi altri…

    • fosse solo con le fee che ha preso una cantonata l’ha praticamente presa con quasi tutti quelli che ha portato

  14. INUTILE PRENDERCI IN GIRO, la roma deve intraprendere, per ritornare ad essere una squadra di livello, il percorso che ha fatto l’atalanta ma che prima la roma di pallotta fece dopo due anni di assestamento.

    Se deve essere questo il progetto che lo si faccia con tutte e due le scarpe, no che prendi ddr, poi juric e poi ranieri…

    Vuoi fare questo percorso?

    Bene, lo fai con una struttura adatta per farlo, sennò si rimarrà sempre un punto interrogativo.

  15. quando cambi 200 allenatori in 3 mesi, sfido qualsiasi giocatore a rendere al massimo.
    ha toppato gli acquisti? Certo!
    ma anche i giocatori non sono stati messi nella condizione ideale per dimostrare qualcosa.
    Gourna Douat, perché non gioca?
    eppure era quello più conosciuto avendo giocato in Champions, escluso Hummels.

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