Aurea mediocritas

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GIALLOROSSI.NET (A. Diofebbo) – Non facciamo drammi. Alzi la mano chi è stato ingannato dalla giornata di sole, dallo stadio quasi pieno (settore famiglie esaurito, curve e distinti non li inseriamo nemmeno) e dall’avversario, retrocesso fin dai primi turni del campionato. Alzi la mano chi non ha pensato ad una partita tranquilla, a trascorrere due ore insieme alla nostra Roma per poi proseguire il resto della giornata con tre punti e un pizzico di allegria in più. Certo, chi avrà notato queste coincidenze potrebbe aver pensato al teorema dell’eterno ritorno (vedi Palermo – Roma) ma i più, avranno approcciato alla sfida con tranquillità : parliamo dei giocatori. Perché, uscendo da qualsiasi contesto, la Roma messa in campo aveva meno senso di quella poi schierata in corsa, con un Andreazzoli in stile Mourinho, ottimisticamente parlando, o in stile Carlos Bianchi, pessimisticamente parlando. La Roma finisce con cinque punte in campo ma con solo un punto in cassaforte.

Per ora fuori dall’Europa League, a meno che non si vinca la Coppa Italia, è tempo di guardare al futuro. Le sei partite rimaste (cinque di campionato, più il derby ‘extra’) potrebbero riservare poche gioie, quelle gioie destinate a diventare rabbia e rammarico per la seconda stagione consecutiva finita alla stessa maniera. E dire che quest’estate ci avevamo creduto tutti. Ma a distanza di nove mesi, è nata la stessa la Roma, la gemella, la Roma della moderazione, la Roma che non va troppo giù ma che non va nemmeno troppo su, la Roma che vince sì contro Inter, Juventus e Milan, ma che non vince contro Palermo, Pescara e Bologna. La Roma che non lotta per lo scudetto ma arriva in finale di Coppa Italia. La Roma dell’ottimale moderazione, incapace di crescere proprio nel momento perfetto e incapace di cadere davvero, lasciando aperte speranze che poi non saranno mai colmate. La Roma che è nel mezzo, lontana da ogni tipo di estremi, dagli eccessi, dall’esagerazione. La Roma a metà fra il massimo e il minimo, l’ottimo e il pessimo. E forse questo è il problema. La troppa normalità tanto professata e che sarebbe stata la scintilla da cui ripartire dopo una stagione travagliata, è diventata l’attitudine di una squadra allo sbando.

La Roma, sesta in classifica, è inchiodata in quella posizione da mesi, senza né salire, né scendere, superando e facendosi superare di tanto in tanto. Come evitare che questo diventi un tormentone? Come dare senso di appartenenza, voglia di lottare, disciplina, rispetto a chiunque fa parte del disegno giallorosso? Sono le domande che si fanno Pallotta, Sabatini e Baldini o almeno speriamo. La Roma in due anni ha portato tecnica nel reparto dei giocatori, ha portato sponsorizzazioni e espansione del marchio a livello societario ma praticamente mancano i risultati, ciò che conta di più per una squadra di calcio. La tifoseria è stanca. Noi siamo stanchi. Un terzo anno, vissuto all’interno della mediocrità d’oro non è più sopportabile. Non c’è bisogno di cambiare dieci giocatori all’anno, c’è bisogno di puntellare la rosa. C’è bisogno di spendere pesantemente nel reparto difensivo, a partire dal portiere, di vendere chi non ha la testa né le capacità per rispettare la maglia giallorossa e di dare a questi giovani gli stimoli giusti per rendere al meglio. E c’è bisogno che i dirigenti, comincino davvero a fare i dirigenti. Basta chiacchiere, basta progetti, basta occhi al futuro, basta filosofia. La Roma vive nel presente, noi viviamo nel presente. E vogliamo uscire dalla moderazione. Non vogliamo moderare i nostri sogni, i nostri desideri, vogliamo essere la Roma.

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