Delitto Ciro Esposito, il silenzio della Sud dopo la condanna

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RASSEGNA STAMPA AS ROMA – «Ventisei anni è una condanna eccessiva». Non una parola di più. A poche ore dalla lettura della sentenza di primo grado che ha condannato DanieleDe Santis per l’omicidio di Ciro Esposito c’è poca voglia di parlare tra i romanisti. Tacciono i social, forse compariranno altri gli striscioni di solidarietà sui muri di Roma: opera di quella fetta di tifoseria che non ha mai preso le distanze da De Santis. «La morte non ha colori, ma la Sud rimarrà sempre al fianco di un suo figlio», recitava un comunicato diffuso in rete il 1 luglio 2014, una settimana dopo la scomparsa del tifoso napoletano ferito dai colpi di pistola esplosi proprio da De Santis il 3 maggio, nel pre partita della finale di Coppa Italia, Napoli- Fiorentina.

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Del resto Ciro era ancora vivo quando le frange ultrà più vicine a De Santis decisero di far capire subito da che parte stavano. «Daje Daniè», recitavano due striscioni esposti durante Roma-Juventus dell’11 maggio. Uno dei due messaggi era corredato da un fascio littorio, a rimarcare l’appartenenza politica del «camerata» cresciuto nella sezione di via Ottaviano. La maggioranza dei tifosi romanisti però non ha mai condiviso, stringendosi piuttosto alla famiglia Esposito. Un gruppo di ultrà raggiunse persino Scampia per consegnare una lettera alla madre.
«I messaggi di solidarietà ai ragazzi deceduti o arrestati sottolinea Lorenzo Contucci, avvocato e profondo conoscitore della sottocultura ultrà – vengono esposti da sempre in tutte le curve italiane, perché fanno parte del linguaggio proprio degli ultrà». «È vero, ma sono stati un errore – ragiona un vecchio ultrà – quelle prese si posizione non hanno fatto altro che peggiorare la posizione di Daniele, facendolo percepire come una persona peggiore di quella che è, e allo stesso tempo hanno danneggiato irreversibilmente anche la Curva Sud. Perché diciamolo – aggiunge – la sentenza di oggi (ieri, ndr) non fa altro che confermare le tesi del primo giorno: Daniele è l’assassino e Ciro l’eroe. Ma le coltellate a De Sanctis chi gliele ha date? ». Dello steso avviso l’avvocato Fabrizio Grassetti, presidente dell’Unione tifosi romanisti. Certo è che la tragedia di Ciro, oltre a frantumare due famiglie e acuire la rivalità tra Roma e Napoli ha sconvolto anche l’universo del tifo giallorosso.
(La Repubblica, L. Monaco)
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7 Commenti

  1. Sono tutte vittime chi fà violenza e chi la subisce…..
    Ma la violenza genera violenza questa storia non ha eroi e non
    ha vincitori ma si hanno 2 vinti…..
    Il primo ci ha rimesso la vita
    il secondo ci ha rimesso la libertà x una rivalità calcistica……
    ma a che servito poi tutto ciò?

  2. Per me sono pochi 26 anni e sono ancora liberi i complici!? Il calcio dovrebbe unire non dividere gli sfottó e una cosa bella del calcio ma pistole coltelli catene mazze che c’entrano con lo sport con il tifo?e assurdo morire sull lavoro figuriamoci per una partita

    • “Lo sport serio non ha niente a che vedere con il fair play. È semmai strettamente legato all’astio, alla gelosia, alla vanagloria, alla noncuranza di qualsiasi regola e al sadico piacere di assistere a manifestazioni di violenza: in altre parole è come la guerra, ma senza l’esecuzione.”

      “Se voleste aumentare la vasta riserva di ostilità esistente al mondo in questo momento, difficilmente potreste farlo meglio che attraverso una serie di incontri di calcio tra ebrei ed arabi, tra tedeschi e cechi, indiani ed inglesi, russi e polacchi, e italiani e jugoslavi, ogni incontro destinato ad essere visto da un pubblico misto di 100.000 spettatori.”

      George Orwell “The Sporting Spirit”
      14 dicembre 1945

    • Parla di spettatori, non di guerrieri.

      Secondo te parlando di “guerra” si riferiva ai giocatori sul campo o agli spalti e strade limitrofe allo stadio??

      te forse non hai proprio capito che sugli spalti bisogna assistere e incitare i giocatori sul campo, non fare spettacolo a se, ancor peggio se violento.

      E poi, con tutto il rispetto, è pur sempre l’opinione di George Orwell, ce ne sono tante altre di opinioni illustri che la pensano proprio all’opposto.

      Alla fine qui il busillis è uno solo: rispettare le regole e la legge, oppure non rispettarle.

      E’ stato detto a chiare lettere che le restrizioni applicate sono in vigore a causa del mancato rispetto delle regole, e se queste saranno rispettate tornerà tutto come, anzi meglio di prima.

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