Gervinho nuovo Re di Roma. E ora non ride più nessuno

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AS ROMA NEWS (Gazzetta.it, S. Cantalupi) – Nel calcio ci sono pezzi unici, giocatori che hanno uno stile inconfondibile. Gervinho è uno di questi. Nel bene e nel male (ma più nel bene, da quando è arrivato in Italia), è difficile paragonarlo a qualcun altro: ha un look inconfondibile, un modo di giocare molto personale ed è universalmente riconosciuto con questo “nickname” da brasiliano, lui che è invece è ivoriano al 100% e che, 27 anni fa, è stato iscritto all’anagrafe come Gervais Yao Kouassi. Agosto 2013: la Roma lo preleva dall’Arsenal dopo due stagioni londinesi a dir poco deludenti. “E’ un brocco, non sa muoversi con i compagni, sbaglia dei gol clamorosi, è qui solo perché lo raccomanda Garcia”: le critiche preventive abbondano, lo scetticismo ammanta l’operazione giallorossa. Tredici mesi più tardi, Gervinho siede tra i re di Roma, dopo una prima annata folgorante e dopo un ritorno in Champions League da ricordare, bagnato da una doppietta e un assist nel 5-1 al Cska Mosca.

GRIMALDELLO — Nelle due edizioni di Champions disputate coi biancorossi di Wenger, l’ivoriano aveva messo in cascina un bottino piuttosto magro: 2 gol e 4 assist. Gli è bastata una serata singola, quella dell’Olimpico contro i russi, per eguagliarlo (o quasi: doppietta e un assist). Se Garcia lo ha voluto con sé, evidentemente, è perché ai tempi del Lilla aveva visto in lui qualcosa di non comune: la capacità di scardinare le difese con un movimento incessante e indiavolato, a cui il ragazzo sta aggiungendo quel pizzico di lucidità davanti al portiere che gli faceva difetto, dote fondamentale per essere considerato un grande attaccante. Sbaglierà ancora qualche conclusione facile, è fisiologico quando si corre alla sua velocità, ma gli errori di mira ci stanno, soprattutto se le occasioni da gol fioccano.

ASSISTMAN — L’altro appunto che è sempre stato mosso a Gervinho riguarda la scarsa propensione, vera o presunta, al dialogo tecnico con gli altri nove giocatori vestiti come lui in campo. La risposta era già arrivata nella sua prima cavalcata in serie A, chiusa con 9 assist (e altrettante reti). Ma il concetto è stato ribadito nei primi 26 minuti di Roma-Cska, ovvero quelli giocati in coppia con Iturbe: prima dell’infortunio dell’argentino, i due hanno fatto in tempo a mandarsi in gol reciprocamente, facendo girare la testa agli eterni Ignashevich e Berezutski, due che ballano in Europa da qualche annetto. Ecco servito anche chi minimizzava le gesta del prodotto dell’Asec Mimosas di Abidjan, cavandosela con un “brilla solo perché il campionato italiano è sceso di livello”. La strada è lunga, la Champions è un palcoscenico che richiede conferme a ogni replica dello show, se si vuole esserne attori protagonisti. Ma essere pezzi unici aiuta: basti pensare a cosa ha fatto Di Maria (forse il capofila dei giocatori “senza simili”) al Mondiale.

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