NOTIZIE ROMA CALCIO – Pare proprio che il merito maggiore della gran notte dell’Olimpico sia non tanto di lui, quanto della signora Amra, moglie appunto di colui che oggi è diventato, confidenzialmente, il Sor Dzeko. Promosso in una sola notte a romano/ romanista di 7 generazioni. Fu lei a convincere il marito, due mesi fa, a rifiutare il Chelsea. Anche perché i tifosi, furbi, presero lei sul sentimento, bombardandola sui social: “Ma che ci vai a fare a Londra?”, “A Londra piove”, “Vuoi mettere con Roma”, “E mica ce l’hanno la carbonara”. Insomma fu così che la moglie convinse il marito a rifiutare e Dzeko rimase nelle braccia della gran matrona, Roma.
Nonostante le buche e il traffico. Ma qui, ad esempio, sono nati i suoi figli, e gli amici di Fort Trigoria poi sono un patrimonio umano difficile ormai da rifarsi altrove a 32 anni. È così: nasci a Sarajevo, passi per Wolsfburg, arrivi fino a Manchester, poi scendi a Roma. E da lì, è scritto, non ti muovi più. O almeno non adesso, non ancora. Fu gran rifiuto e mai la Roma fece affare più redditizio, oggi Dzeko è l’icona di una squadra nuova, più o meno sempre con le stesse facce, ma con un cuore grande così e capace di raggiungere un traguardo che sembrava ormai impossibile. L’attaccante bosniaco è diventato unico e indispensabile nella Roma, non ha segnato tanti gol come lo scorso anno, anzi, ma ne ha fatti di pesanti. Su tutti, i due al Chelsea allo Stamford Bridge in una partita in cui la Roma scese in campo da condannata, i due al Napoli anche qui per ricacciare in gola tutte le scommesse contro e rilanciare la squadra al terzo posto, il gol qualificazione allo Shakhtar. Uno e uno solo per agganciare la Juve in Europa e cominciare a sognare. Per arrivare a questo punto Dzeko ha dovuto toccare il fondo.
Farsi affiancare da un giovane attaccante, Schick, che avrebbe dovuto far coppia con lui se non addirittura fargli concorrenza e togliergli il posto, ma finendo divorato lui stesso dalla competizione. Sbagliare clamorosi gol a porta vuota, tanto appunto da far pensare “è ora di venderlo”. Chiudersi nel suo mondo di campione internazionale ma anche timido, riservato, non- personaggio. I suoi stessi soprannomi non sono il massimo, in Bosnia lo chiamavano “Il lampione”, qualcuno “Il Cigno di Sarajevo”. Che uno subito si vede Carla Fracci e “la morte del Cigno”. Per di più un viso pulito, niente sigarette e tatuaggi. Tutto il contrario di Nainggolan, per intenderci. I compagni lo hanno sommerso di abbracci, e lui con le sue braccione li ha sorretti tutti, felice e contento. Il romanissimo Sor Dzeko.
(La Repubblica, F. Bocca)
mai dubitato un secondo di dzeko, insieme a nainggolan e alisson sono i nostri veri top player
Io invece ho dubitato, pur avendolo sempre difeso. L’ho difeso quando non segnava il primo anno, l’ho difeso quando segnava (sì, anche questo è stato necessario) L’ho difeso quando sbagliava tutto, quest’anno. Ma quando è arrivata l’offerta mi sono ritrovato a fare un calcolo sbagliato: non lo venderemo mai più così e sta giocando male. Diamolo via e puntiamo su Shick. Dimenticando che Dzeko è in primis un uomo di grande gentilezza d’animo, di grande delicatezza, non un macho tutto muscoli e determinazione, ma complesso e capace d’imprese straordinarie come di straordinari tonfi. Ha voluto, lo sappiamo tutti, rimanere qui, per ragioni che molti di noi neppure riescono a comprendere. Perché non lo consideriamo un uomo, ma un mercenario ricco e avido. E avido sono diventato io che…
…volevo andasse via. Incurante della sua grazia potente a volte irresoluta, ma preziosa. Io voglio vincere bene, secondo il mio pensiero sugli uomini e sul calcio, voglio vincere con Di Francesco e non con Allegri. E neppure con Capello. Amo la Roma e non voglio vincere il derby per un rigore che non c’è al 95mo. Voglio vincere combattendo e fare un passo di più dell’avversario. Non voglio essere pratico e cinico e furbo. Sono romanista perché sono un sognatore. Sogno di rigiocare Roma Liverpool e di vincerla, stavolta. La finale, però. Voglio compagni di strada che siano anche disposti a perdere pur di avere in squadra un uomo forte ma delicato e gentile. Ora lo so. Per essere pratici abbiamo tutto il resto della nostra vita. Sono romanista, non juventino.
bel pensiero lorigioi 🙂
lo condivido quasi tutto…
e per fortuna quasi tutto anche di francesco, che se in champions ha preso 0 gol all’olimpico, è perchè un poì di praticità, con quel suo 4-1-4-1 l’ha acquisita…
😉
Bel commento ma sopratutto bel pensiero e bel modo di intendere il calcio ed il tifo!
Spero che non siamo gli unici a credere ancora in questi valori, la vittoria ha un altro sapore se meritata è pulita. Noi siamo la Roma e sicuramente raccogliamo meno di quel che seminiamo ma quando vinciamo lo facciamo con le nostre forze. Siamo romanisti, sognatori forse, ma sempre fieri dei nostri colori!
Grazie