GIALLOROSSI.NET (A. Diofebbo) – Diviene anche difficile trovare le parole in questi momenti. Difficile capire da dove cominciare, che tono usare, che taglio dare alle frasi che si hanno in testa. Sfogliando il dizionario si potrebbe finire per fare una lista di aggettivi, tutti perfetti per essere inseriti in questo articolo ma anche in contrapposizione tra loro. Una sorta di confusione giornalistica. La stessa confusione, non giornalistica, che non permette alla Roma di ottenere facilmente quello che è facilmente ottenibile. Grande con le grandi, piccola con le piccole.
L’ultima, ma solo in ordine di tempo, è la sconfitta col Chievo, maturata fra le mura amiche che si aggiunge alle tante occasioni lasciate sul rettangolo di gioco contro squadre che a questo campionato non hanno più nulla da chiedere. E da tempo. Andreazzoli cambia per l’ennesima volta la formazione che messa in campo così è totalmente senza senso. 4-3-3, 3-5-2, 4-2-3-1 e chi più ne ha più ne metta. Questa voglia quasi compulsiva di cambiare continuamente modulo è sintomo di una certa fragilità tattica, di poca sicurezza, di confusione mentale e di poca solidità . Finché gira la fortuna, Totti, Lamela e i lampi sporadici degli altri giocatori a disposizione, allora si avanza. Quando tutto cade, non resta che assistere allo spettacolo della sconfitta perché per spiegare queste prestazioni ci vorrebbe un miracolo.Le azioni sono sterili, la Roma è vuota e non ha nulla che possa farla assomigliare ad una squadra. Cambiare modulo è forse l’unica mossa che il Mister possa fare per cercare qualche nuovo stimolo ma finisce per essere il solito tentativo inconcludente.
Il match di martedì sera scivola via, così, tranquillo, senza che nessun giocatore dimostri preoccupazione per il tempo che passa e per i secondi che inevitabilmente arrivati a 59 fanno scoccare un nuovo minuto. E, a forza di accumulare minuti, siamo arrivati a lasciar passare due stagioni intere, senza avere ancora un allenatore, un’identità e senza entrare in Europa direttamente, lasciandoci la speranza nella vittoria della Coppa Italia. L’impressione è che là , in alto, la situazione sia analoga a quanto vista sul campo. Confusione, in cerca della strada giusta assistita dalla fortuna, sinonimo di fragilità .
Perché la Roma cerca Mazzarri e Allegri, due allenatori completamente differenti da ogni punto di vista? Qual è il minimo comune multiplo tra l’allenatore del Napoli e l’allenatore del Milan? Qualunque allenatore dovesse arrivare sulla nostra panchina, deve essere messo però al centro di tutto, dandogli carta bianca permettendo di scegliersi la rosa, chiedere quindi cessioni e acquisti. Senza riserve. E soprattutto la società deve credere in lui. Non fare come Zeman, invischiato nel tornado dei suoi errori e dei suoi risultati, senza però che la società abbia mai creduto davvero nel suo calcio e senza che mai ne abbia ascoltato il grido d’aiuto, per quanto riguarda la richiesta di regole. Un consiglio più che una richiesta, quella del boemo, che non è stato raccolto né nel passato, né nel presente ma, ci teniamo, con qualche riserva per il futuro. Regole che mancano, più vicine a una sorta di disciplina, che no, non può e non deve mancare e dalla quale si potrebbe ripartire per dare l’essenza di squadra a questo miscuglio di giocatori. Dare personalità , dare un nome, dare una tradizione. Un modulo che parta dalla società , con l’equilibrio e la stabilità di chi sa che può fare le cose. Un modulo che sia compatto e che attraverso la realizzazione decisa di tutte le idee porti direttamente al gol.

