Inno Roma: De Rossi d’Italia

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AS ROMA NEWS – Chissà se dopo Alberto e Daniele ci sarà, prima o poi, un altro De Rossi nella Roma: rumors non confermati dicono che, dopo Gaia e Olivia, a fine estate potrebbe arrivare il maschietto, e allora sì che il sogno potrebbe diventare realtà. Nel frattempo sono loro, Alberto e Daniele, i due De Rossi che la Roma si gode: il primo sta facendo le meritate vacanze dopo la conquista dello scudetto con la Primavera, il secondo inizia la sua sesta competizione con l’Italia, terzo Europeo della carriera, con la speranza che in azzurro possa ritrovare soddisfazioni e sensazioni che da un po’ a Roma latitano. D’altronde, se oggi De Rossi è in Francia con l’Italia lo deve alla sua forza di volontà – e anche a qualche defezione illustre -, ma lo deve pure al lavoro fatto a Trigoria, da Spalletti e con Spalletti: ha forzato per giocare contro il Real, a marzo, poi è sceso in campo solo quando stava bene fisicamente e adesso il rendimento sembra quello giusto. Certo lo è il carattere, che lo ha portato ad essere leader della squadra di Conte, pur avendo fatto parte solo a tratti della Nazionale negli ultimi tempi, e lo ha portato a dire pubblicamente che lui e il papà spesso, soprattutto nella loro città, sono poco considerati. Un’eccezione, quella di De Rossi figlio, restio a parlare della sua famiglia, soprattutto dopo che negli ultimi anni ha dovuto fare i conti con voci e cattiverie.

VINCENTE – Di certo la presenza, discreta ma costante, del padre, anche a Trigoria, lo ha aiutato. Daniele sa che se non avesse giocato lui in prima squadra forse Alberto un’occasione se la sarebbe presa, ma sa anche che il padre ha ormai trovato da tempo la sua dimensione ideale con i ragazzi. Le priorità di Alberto sono crescere e formare uomini e calciatori, il resto poi verrà. Forse andrà a vedere qualche partita dell’Italia – lo fa sempre -, ma l’attenzione è già focalizzata alla Primavera del prossimo anno, che farà il ritiro a Pinzolo come i grandi. Dopo la conquista del terzo tricolore, poteva rincarare la dose, viste le parole del figlio da Coverciano, ma ha scelto di glissare.

IL FUTURO – Anche perché magari questa sarà l’ultima stagione che i due passeranno fianco a fianco a Trigoria. Il contratto di Daniele scade tra un anno, l’ipotesi di un’esperienza all’estero lo affascina. Lo ha sempre detto, ma una decisione ancora non l’ha presa. Manca ancora troppo tempo, in ballo ci sono troppe variabili, una cosa è certa: quello che è riuscito a suo padre, a lui non è mai riuscito. Il vero cruccio della carriera, alla vigilia dei 33 anni da compiere tra poco più di un mese, è questo. Il tricolore Alberto se l’è messo addosso più di una volta, Daniele mai, è per questo che vuole una Roma competitiva, e si informa continuamente su quello che succede a Trigoria anche ora che è in Nazionale. Dove, da stasera, ci sarà comunque un altro tricolore da difendere.

(Gasport, C. Zucchelli)

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2 Commenti

  1. Una digressione

    Gli Europei di calcio, stanno svelando definitivamente un fenomeno in netta
    espansione: il nazionalismo estremista giovanile, il quale, a dispetto degli osservatori superficiali, resta l’ideologia più potente di questo scorcio di secolo.
    Tifoserie come quella croata, polacca, olandese, russa, irlandese, ucraina, albanese, serba e oltre si caratterizzano per il loro radicalismo che porta in superficie un enorme carico di odi e rancori alimentato dalla crisi economica. Ogni squadra è seguita da una moltitudine di giovani imbevuti di concezioni e simbologie di matrice nazionalsocialista. (Discorso a parte gli hooligans inglesi, fenomeno ormai superato, di fronte al montante carattere militaristico delle “giovani” nazioni: lo scontro fra panzoni ubriachi inglesi e armadi russi, questi ultimi organizzati e compatti come un esercito, ha sancito il declino del teppismo d’Oltremanica).
    Unica eccezione la tifoseria italiana, a causa di un latente sentire comune alla propria Nazione.
    L’UE non deve, a mio parere, sottovalutare questo fenomeno perché il momento dello scontro col fondamentalismo islamico dei giovani “europei”, arabi d’origine (che altro non è che un neonazionalismo arabo), è giunto a maturazione e le conseguenze potrebbero essere di drammatica e epocale portata.

  2. Vero stiamo messi male ma questo permettimi e’il frutto di un perbenismo cronico che dura da anni .

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