REPUBBLICA.IT (M. Pinci) – La Roma ha inevitabilmente già avviato i programmi per la ricostruzione della squadra e stavolta, dopo gli errori commessi scegliendo Luis Enrique prima e Zeman poi, a Trigoria sanno di non poter più sbagliare il nome. Andreazzoli avrebbe avuto concrete possibilità di trasformare il suo ruolo provvisorio in definitivo (almeno per altri 12 mesi) centrando il terzo posto, obiettivo stagionale del club, ma con il traguardo sfumato anche sollevare la decima coppa Italia della storia romanista dovrebbe rimanere il suo ultimo atto da prima guida tecnica. Allegri la primissima scelta (che con il Milan continua a mantenere un rapporto in equilibrio precario), al pari di Spalletti (contatti autunnali, ma difficile per questioni economiche). Poi Pioli e Donadoni: rapporti ci sono stati con tutti loro, a Trigoria è stato offerto tempo fa anche Mazzarri che però entusiasma poco (e sembra orientato a restare a Napoli). Allenatori prosaici, che non rinunciano all’idea di imporre un gioco conservando però l’attenzione alla fase di non possesso: in pratica, dopo aver inseguito inutilmente l’utopia si dovrebbe provare a puntare sulla praticità . Ma quelle caratteristiche a Trigoria le hanno individuate anche in Roberto Muzzi, attualmente vice di Andreazzoli e carta a sorpresa se si decidesse di rischiare ancora, costruendosi in casa l’allenatore del futuro. Unendo al pragmatismo di un allenatore accorto, l’ennesima dose di utopia.

