Gervinho, lo spaccadifese che gioca come un bambino

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NOTIZIE AS ROMA (IL MESSAGGERO, M. FERRETTI) – La battuta (mica tanto una battuta, però…) che circolava ieri in città era la seguente: se Cuadrado vale 50 milioni, Gervinho vale 50 milioni al Cuadrado. O no? Il confronto diretto/indiretto tra il colombiano della Fiorentina e l’ivoriano della Roma è stato vinto, nettamente, dal numero 27 di Rudi Garcia, l’uomo che – sfidando il ds Walter Sabatini e lo scetticismo della piazza – ha voluto a tutti i costi a Roma il suo pupillo, l’attaccante che l’aveva aiutato a vincere la Ligue 1 nel 2011. Gervinho, domenica scorsa all’ora di pranzo, è stato letteralmente devastante, e non soltanto perché con due assist ha propiziato entrambe le reti della Roma. La sua prestazione, comprensiva di una buona fase difensiva, ha fatto stropicciare gli occhi ai tifosi (e ai criticoni) e ha confermato che, oltre a quella di Totti, l’assenza dell’ivoriano si è fatta parecchio sentire.

Con Gervinho la Roma diventa una squadra cha ha profondità, cambi di passo e, quindi, imprevedibilità. Perché ogni volta che l’ex Arsenal ha il pallone tra i piedi, può sempre combinare qualcosa di pericoloso, di inatteso. Contro la Viola ha piazzato tre, quattro spunti di valore assoluto: riuscisse a migliorare nella finalizzazione, sarebbe praticamente perfetto. Invece, il tiro in porta non è ancora un suo must. Ma, forse, perché è da sempre abituato a giocare per gli altri. Gervinho è la sgregolatezza fatta genio e la (s)regola che conferma l’eccezione: un attaccante atipico, come si diceva una volta quando non si trovavano le parole giuste per etichettare chi andava fuori dagli schemi tradizionali. Nel campionato più tatticizzato del mondo, Gervinho lo spaccadifese rappresenta la soluzione più efficace e più semplice per far saltare i piani avversari. Perché, in fondo, l’ivoriano fa una cosa realmente semplicissima: palla al piede, corre veloce verso la porta avversaria. Come fanno, gioiosi, i bambini in ogni angolo del mondo.

 

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