Luca Di Bartolomei: “Papà si sparò e per anni mi sono sentito in colpa. Ecco cosa ricordo di quella mattina”

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NOTIZIE AS ROMA – Intervistato dalle pagine dell’edizione odierna del Corriere della Sera, ha parlato Luca Di Bartolomei, figlio dello storico capitano giallorosso Agostino. Questo uno stralcio delle sue parole al quotidiano nazionale:

(…)

Come quello che il 30 maggio 1994 s’è sparato suo padre al petto, uccidendosi sul terrazzo della vostra casa di San Marco?
«Quello mi tolse il padre. Questo invece è riuscito a svegliarmi, a liberarmi da un senso di colpa che non doveva appartenermi ma mi ha accompagnato per quasi ventinove anni».

Perché un senso di colpa? Lei era solo un bambino di 11 anni quando suo padre si suicidò.
«Perché non sapevo come reagire a ciò che avvertivo come un rifiuto da parte di Agostino. Lui si è ucciso nonostante avesse me, oltre mia madre e mio fratello, e dunque pensai che dovessi avere anch’io una parte di responsabilità. Il suo gesto ha generato in me quel sentimento con il quale a un certo punto ho dovuto fare i conti, ma ha pure trasformato Agostino in un piccolo fenomeno collettivo per tante persone della sua generazione, in questo microcosmo che è Roma».

Il capitano della Roma campione d’Italia del 1983, romano del quartiere popolare di Tormarancia che guidò la squadra a vincere il suo secondo scudetto e subito dopo arrivò alla finale di Coppa dei campioni, persa ai rigori il 30 maggio 1984. Che cosa c’è di collettivo dietro un suicidio avvenuto esattamente dieci anni dopo quella sconfitta?
«Credo che Agostino sia la rappresentazione del potenziale fallimento che interroga tutti, e di fronte al quale rimaniamo senza parole o senza fiato. Prenderne atto attraverso una persona mitizzata nel luogo più incontaminato della nostra infanzia, il gioco, considerato una sorta di eroe del mondo in cui siamo stati e ci fa sentire ancora bambini, è una circostanza che atterrisce, ma suscita anche tanta pietà».

Perché lo chiama Agostino, anziché papà?
«Perché fino ad ora l’incapacità di capire come vivere questa vicenda ha provocato una rabbia che ha eretto una specie di muro tra me e lui. Quasi invalicabile. Invece da simili esperienze bisognerebbe imparare ad avere la forza di accettare le proprie fragilità e non provare sempre a superarle spingendosi oltre; riempire ogni cosa di significati va bene, ma va bene anche non avere l’ansia di riempirle ad ogni costo perché altrimenti manca qualcosa».

(…)

In passato lei ha detto di voler credere che lo sparo nel decennale di «una stupidissima partita di calcio» persa ai calci di rigore fosse solo una coincidenza, non voluta. Ora sembra aver cambiato idea.
«È così. Ho accettato l’idea che ci si possa sentire manchevoli anche di fronte all’amore di un figlio e di una famiglia, che evidentemente non bastano a colmare le lacune del proprio animo».

Quindi rievocare la sconfitta nella finale di Coppa dei campioni significava ammettere un fallimento personale?
«Direi di sì. Non ho certezze né prove, ma dovendomi basare su indizi penso che si debba accettare questo messaggio, farci pace e andare avanti. Smetterla di chiamarlo Agostino e farlo tornare papà. In fondo la mia rabbia verso di lui è derivata proprio dal suo considerarsi più Ago che papà; più il campione che aveva fallito l’appuntamento più importante della sua carriera del padre che poteva essere. Però sto capendo che le persone vanno amate come sono, non per come vorremmo che fossero. I figli si amano quando sbagliano e questo deve valere anche per i genitori. Ma per amare persone che sbagliano devi essere in pace con te stesso. Io mi sono sempre sforzato di perdonarlo per quello che mi ha tolto, decidendo di andarsene quando ero ancora un bambino; adesso sto provando ad amarlo».

(…)

Lei ha sempre detto di ricordare tutto di quel 30 maggio 1994. Vuole condividerne qualche frammento?
(Luca Di Bartolomei resta in silenzio per lunghi secondi)
«Il 30 maggio è papà che scende dalla stanza dove dormiva con mamma e infila qualche moneta nella tasca dei miei pantaloni appesi alla ringhiera della scala; io lo vedo perché ero già sveglio, e quando entra in camera per salutarmi mi chiede se voglio andare con lui a Salerno. Io rispondo di no perché avevo una prova di latino a cui non volevo rinunciare. Poi mi vesto, preparo lo zaino, papà s’era seduto in terrazza al sole che batteva già alto, gli do un bacio. Vado a scuola. Dopo circa un’ora, con molto tatto, mi hanno avvisato di quello che era accaduto e sono tornato casa. Ago era già nella bara di zinco».

Fonte: Corriere della Sera

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43 Commenti

  1. Rievocare un momento così doloroso è senz altro un ennesimo colpo al cuore… a quasi 30 anni di distanza, rimane una ferita aperta che accompagnerà per sempre i tifosi della Roma SOPRATTUTTO quelli che come me l hanno vissuto come CAPITANO della loro adolescenza… e un dispiacere GRANDE non averlo visto far parte della società dopo aver appeso gli scarpini al chiodo… l avrebbe meritato PRIMO per la sua fierezza e rettitudine, secondo, ma non ultimo, per il suo DNA/PEDIGREE giallorosso… 💛❤

    • L’intervista dimostra la profonda intelligenza emotiva e vera del ragazzo. Per il resto mi auguro solo che arrivi il momento in cui quella coppa venga vinta dalla ROMA e si vesta della maglia di Ago, per andare finalmente sotto la curva. E chissà se Ago da lassù…

    • L’intervista dimostra quello che ho sempre pensato di certi gesti.
      Ho vissuto momenti che nessuno dovrebbe vivere.
      Ho visto il baratro – il Maelstrom, come avrebbe detto E. A. Poe – 10, 100, 1000 volte.
      Soffro di depressione e di ansia.
      Ho afferrato la bottiglietta del valium una 1/2 dozzina di volte, ma non l’ho mai svuotata.
      Perché?
      Perché anche io ho un Luca – che non si chiama Luca – 2 altri figli e 2 bellissimi nipotini. Ma anche perché la vita vale la pena di viverla. E’ bella pur nella sua tragica brutalità.
      Quando mi diagnosticarono il diabete tipo 2, andai a casa e piansi a dirotto. Mio figlio, tutto serio, mi chiese: Che hai intenzione di fare? Dopo alcuni minuti di sconforto e di silenzio, risposi: Beh, devo affrontare la situazione e combatterla. Il viso del mio bellissimo rampollo si illumino’ e con un sorriso dolcissimo mi disse “Sono orgoglioso di te”.
      Una delle cose più belle che mi siano mai state dette.
      Luca, ti sono vicino.

    • ricordo quel suo sguardo sempre accigliato lui era una vera forza introversa anche in campo lui mi rappresentava x la sua serietà ed educazione si è sentito messo all’angolo forse aveva uno scheletro nell’armadio,un po’ come tutti ,non potremo mai saperlo l’unica cosa che so è che era un campione dentro e fuori dal campo,quando segnò il rigore nella finale contro il Liverpool dissi ” la vinciamo” poi è andata come sappiamo ma provai una gioia immensa che dopo qualche minuto si polverizzò come un sogno al risveglio lui però quel gol lo aveva segnato e la sua coppa dei campioni l’aveva virtualmente vinta . perché tuo padre era un campione VERO.

    • Si, la ricorrenza certo. Ma anche l’essere stato messo da parte in virtù del credo di Eriksson (evito commenti) dalla sua Roma, credo che sia stato un bel peso: Quei tre anni a Milano, seppur ben retribuiti, devono essere stati assai pesanti. Poi senza memoria storica, Abbiamo schifato Giannini, e poi ancora Francesco Totti: Ora la numero 10 non la vuole più nessuno. e te credo!

    • O’Rey

      Non e stato messo da parte per Eriksson, “se ne ando sbattendo la porta” – lo disse Dino Viola in un intervista al Guerin Sportivo.
      Non credo che Erikson aveva chiesto Buriani, Antonelli etc manco sapeva chi erano – quel Mercato fu fatto da Viola da solo.
      Inoltre Ago voleva seguire il Barone suo maestro. I rapporti con la Roma non erano tornati buoni neanche dopo la fine della presidenza Viola, ne con ciarrapico ne con Sensi. Nessuno alla Roma lo chiamo mai per qualche ruolo a Trigoria, il che vuole dire tante cose. Ma lasciamo stare, lasciamo i morti in pace.

    • Marco, a me non risulta questa versione. Ago non avrebbe mai lasciato la Roma.
      Fu lo stesso Liedholm a dichiarare qualche tempo dopo che lui aveva suggerito ad Agostino di attendere fino all’ultimo una chiamata da parte di Viola che non arrivò mai. E che in caso negativo le porte del Milan sarebbero state aperte.
      Anche Eriksson c’entra poco, come ben dici in questo caso. Lo stesso Eriksson che qualche tempo dopo inventò Mihailovic nel ruolo di libero alla Samp.
      Quello che so io narra di vecchie ruggini tra Viola e il Capitano dovute all’attività di sindacalista della squadra da parte di Agostino.
      Erano due personalità di livello, fuori dell’ordinario, e Viola era uno che non ammetteva interferenze nella sua autorità, come dimostrò anche nel trattamento riservato a Falcao e Cerezo successivamente.
      Agostino non voleva affatto seguire il suo maestro a Milano, malgrado tutto l’affetto che nutriva per lui.
      La prova di quanto dico è nelle due partite giocate da Ago contro la Roma nella stagione successiva: solo un uomo profondamente ferito poteva metterci quel veleno che fu erroneamente scambiato per irriconoscenza.

    • Zio Dan

      Dino Viola ha detto precisamente quelle parole, vedi l’intervista sul Guerin Sportivo se non ricordo male Ottobre/Novembre 1984. Se ha sbattuto la porta a Viola, Dino non perdonava.
      Pero Ago era molto riconoscente verso il Barone, e stato lui che in pratica ha salvato la sua carriera con un ruolo fatto per lui. Non credo che c’erano ruggini solo con Viola, nessuno a Trigoria dopo Viola ha pensato a lui sia sotto Ciarrapico sia con Sensi. Il che vuole dire molto.
      Il grande Giorgio Rossi una volta disse che c’era un lato tenebroso di Ago, che non gli piaceva il fatto che girava con la pistola. Quella maledetta pistola!!!

      La fine di Ago e stata tragica, non doveva finire cosi, e stato solo dopo la sua scomparsa che e stato quasi divinizzato. In realta prima c’era tanta indifferenza verso di lui, anche quando ando dal Milan non ricordo isterismi collettivi perche ha lasciato la Roma/oppure perche fu fatto andare via.
      E stato un grande Capitano, Romanista vero, pero per onesta delle cose e stato troppo mitizzato, era un buon giocatore ma non il campione che viene fatto passare oggi. Se mancava in campo non c’erano i drammi che facevamo quando non c’era Falcao. In quella Roma ci sono stati Due fuoriclasse Falcao e Conti. Poi i Cerezo, Ancelotti, Pruzzo e dopo di loro Ago e Franco. Ago e stato il capitano silenzioso di quella Roma.
      Roma e spesso ingrata verso i suoi grandi giocatori vedi il principe, Daniele e il piu grande di tutti Totti, almeno dopo la sua tragica scomparsa, il ricordo di Ago nell’immaginario collettivo e un ricordo addolcito, non oso immaginare se fosse vivo, la cattiveria verso di lui, come abbiamo dovuto leggere verso le nostre piu grandi bandiere

    • Marco, non nego ci sia del vero in quello che dici, la morte precoce e tragica eleva tutti.
      Ma è errato dire che se ne andò nella quasi indifferenza generale.
      Prima di alzare il suo ultimo trofeo con la Roma, nella finale di Coppa Italia, Ago rilasciò un’intervista, ovviamente sobria e nel suo stile, in cui disse: “Possono togliermi la Roma ma non il mio pubblico”.
      Tanti di noi furono colpiti dal suo addio, per me personalmente fu una coltellata al cuore, ma allora eravamo tutti allineati all’artefice massimo di quella magnifica impresa, vale a dire il Presidente Dino Viola, che solo più tardi conobbe anche lui la contestazione col “Viola Dino bagarino” per il rincaro dei prezzi dei biglietti e la vicenda Ancelotti-Manfredonia.
      Agostino Di Bartolomei ERA un campione, un centrocampista che ha segnato una settantina di gol con la maglia della Roma, che lanciava il pallone ad occhi chiusi coi giri contati a 30/40 mt di distanza, il leader carismatico e silenzioso di quella squadra assieme a Falcao.
      Quando i giocatori uscivano per l’ispezione pre partita un’oretta prima del match, il primo coro del Commando era quasi sempre dedicato a lui.
      Liedholm lo ha valorizzato al massimo, ma non è che gli ha salvato la carriera, e da “libero” ha giocato solo una stagione, quella dello scudetto, quando a fianco aveva il fenomenale Vierchowod, praticamente l’unico difensore puro della squadra, avendo gli altri, Nela, Maldera e lo stesso Ago, tutti licenza di offendere.
      Non ebbe il necessario riconoscimento a livello di maglia azzurra, ma allora era difficile, di campioni indigeni era piena l’Italia, c’era l’inamovibile blocco Juve, e gli stessi discorsi si possono fare per Pruzzo, Nela, Ancelotti, finanche lo stesso Vierchowod, che la casacca della nazionale l’hanno vista solo di striscio, pur essendo indubbiamente dei campioni.
      Oggi tutti questi, Ago incluso, sarebbero titolari indiscussi.

  2. Un dramma enorme ti ha reso un Uomo Vero.
    Sarebbe piaciuto a TUTTI che tu lo fossi diventato comunque ma purtroppo Ago decise così e a noi non resta che rispettare la sua scelta.
    L’hai detto tu: LE SCELTE DI CHI AMIAMO SI ACCETTANO. Io, come te, ne ho accettate, e ne accetto, tante.
    Un abbraccio grande a te GRANDE UOMO.

  3. Si capisce subito che Luca è un uomo intelligente e sensibile come suo padre. Ago era è resterà per sempre il mio Capitano ideale. Anche se il suo gesto resterà incomprensibile, per me non si dovrebbe mai giudicare qualcuno che decide di togliersi la vita, ma solo provare a comprendere il dolore che c’è dietro ed avere una grande compassione per chi ci ha lasciato e per chi resta senza un affetto così grande. Dico queste cose perché le ho provate, purtroppo, personalmente. Un grande abbraccio a Luca. 💛❤️

    • grandissimo uomo prima di un grandissimo capitano quanti sorrisi gioie nel sentire alla radio da Ciotti o da ameri gol di di bartolomei gran fucilata di agostino.quamdo un uomo riesce nella vita ha darti emozioni forti gioie e dolori che siano meritano di essere ricordati per sempre e per me lo sarai grande mio capitano

  4. Senza parole. Se Luca avesse acconsentito a quella richiesta del padre di andare con lui a Salerno, chissà, magari il demone che si è impossessato di lui pochi minuti dopo non sarebbe passato. Una chiacchierata lungo il percorso in macchina col figlio, il sole, a volte basta poco, niente per imboccare una porta invece dell’altra.
    Invece resti lì, solo, col peso dei pensieri che ti opprimono da tempo, è il decennale di quella ferita che non potrà mai chiudersi, quella pistola che ti accompagna da tempo.
    Quanto era romanista Agostino, non tutti lo hanno capito subito. Io il suo legame indissolubile con la città e questi colori l’ho compresa a fondo nelle due partite che giocò da avversario col Milan, dopo che Viola gli chiuse la porta.
    Agostino segnò all’andata e sfogò la sua rabbia in un’esultanza esagerata sotto la nostra curva.
    Al ritorno all’Olimpico litigò con tutti, incluso Bruno Conti. Si prese fischi e insulti da tutto lo stadio, io assistei in silenzio, conscio del dolore provato da Ago in quella notte, quello di ognuno dei presenti e mai metabolizzato, e della rabbia per essere stato abbandonato dalla Roma.
    Agostino era troppo uomo, troppo vero, troppo attaccato a Roma e alla Roma per inscenare gli ipocriti teatrini dei giocatori odierni. Troppo riservato per gridare al mondo quello che gli rodeva dentro.
    Né il suo orgoglio gli permetteva di confessare che in quei lunghi dieci anni aveva sempre sperato in una chiamata per potere ancora essere utile in qualche modo alla sua Roma.
    Anche Luca adesso ha accettato e capito che quella data scelta per andarsene dal mondo non poteva essere casuale, Agostino era troppo meticoloso per lasciare nulla al caso.
    Non lasciò niente di scritto per spiegare il suo gesto, il 30 maggio era il suo epitaffio.
    Tutti lo capirono allora, anche coloro che lo ricoprirono di insulti in quel Roma-Milan.
    Tutti piansero il Capitano della Roma più bella di sempre, quella che arrivò a un centimetro dal tetto d’Europa.
    Un Capitano vero, un uomo vero, che ha sentito sulle sue spalle per un decennio la responsabilità di “una stupida partita di calcio”…

    • Vale’, e meno male che eri senza parole…🤣😂🤣 hai scritto n editoriale… cmq sono d accordo su tutto quello che hai detto…👍🤝

  5. Io ricordo che quando Ago tirava i rigori,per capire in quale parte della porta andava a finire il pallone,dovevi guardare la moviola la sera alla D.S…Senza poi contare i suoi lanci millimetrici di decine di metri sempre precisi…..Non era solo il Capitano…..Era AGOSTINO DI BAROLOMEI ! IL
    CAPITANO!

    • Avesse potuto tirare lui cinque rigori quella dannata sera…ci sarebbe ancora qualche pezzettino di quel cialtrone di Grobbelaar impigliato nelle maglie della rete.

  6. Ripercorrere da lettore questo tragico evento provoca in una forte emozione. Non oso immaginare lo stato d’animo del “piccolo” Luca.
    Quello che più mi dà da pensare ogni volta che viene ripresentato quel fatidico, terribile giorno, è l’invito del papà ad essere accompagnato a Salerno. Se Luca avesse acconsentito, quel maledetto giorno sarebbe stato diverso? Nessuno può dirlo purtroppo.

  7. Sono del 1973, praticamente avevo 11 anni al tempo di quella maledetta finale!
    Ricordo che “maturavo” in quel periodo il mio istinto vs la Roma, ed ebbi la prova di essere romanista perché vidi quella partita di mascosto da mio padre: lui nello studio con la tv che si riusciva a vedere dal salone di casa…
    Io nascosto al buio in piedi per tutta la durata della partita.
    Mio padre mi scoprì solo perché sentiva il singhiozzo del mio pianto a fine partita!
    Non feci in tempo ad infilarmi sotto le coperte….
    Ul MITO DEL CAPITANO AGOSTINO DI BARTOLOMEI era nella mia testa ma soprattutto nel mio cuore.
    È stato terribile sapere di come sia andato via.
    Di tutte le cose che mi mancano di lui, in qualità di tifoso, ed adesso che sono adulto ed ho conosciuto la vita, in qualità di uomo, rimarco IL VALORE IMMENSO DELL’UOMO AGOSTINO!
    IL SUO IMMENSO SENSO DI APPARTENENZA E DI AMORE VISCERALE VS LA ROMA!!!
    Una vera pietra tombale sul calcio che non c’è più.
    Oggi, sotto le pseudoscuse di professionalità, quasi tutti si barcamenano tra mille società, baciando maglie e versando lacrime di coccodrillo.
    Probabilmente POCHI oggi capiscono il dolore di Agostino, perché non riconoscono quel suo senso di appartenenza.
    Adesso poi, che viviamo in una società che mangia e sputa tutto in un nanosecondo….
    AGOSTINO DI BARTOLOMEI (da dire tutto attaccato!) riempiva la bocca e il cuore al solo nominarlo, e ti faceva fronteggiare chiunque con un orgoglio immane!
    Ieri come oggi per me è ancora così!!!
    Ad interpretare bene, forse non è stato un atto vile il suo gesto, ma un atto di coraggio e di estremo AMORE.
    SI È FATTO CARICO DEL DOLORE DI TUTTI I ROMANISTI!
    Il nostro GRANDE CAPITANO.
    Ed io ancora oggi, dinanzi ad una minaccia della vita la fronteggio a petto in fuori e col suo coraggio immaginandomi di avere un’arma letale (com’era il suo calcio al pallone) per difendermi e attaccare!
    Grazie AGO, sei stato un mio eroe, e son felice che tuo figlio abbia trovato la sua pace in questa tragedia.
    TI AMO
    FORZA ROMA

  8. In questa intervista ci sono i tormenti che hanno accompagnato da quel giorno Luca Di BARTOLOMEI, quelli di non aver più rivisto suo padre da quel giorno , e quello di non averlo accompagnato a Salerno, forse se avesse accettato non sarebbe successo più niente.
    Anche io ho un tormento , che mi perseguita da quel giorno , ogni volta che si parla di AGOSTINO DI BARTOLOMEI , quello di non averlo conosciuto , di non avegli stretto la mano, nonostante stesse a pochi metri da me.
    Era venuto a giocare a Sarno, una partita di beneficenza tra artisti , giocatori in attività e vecchie glorie, aveva da poco portato la Salernitana in serie B e lasciato il calcio giocato. Stava lì in mezzo al campo serio, giocando come sempre aveva fatto.
    Non so che mi prese , ma non ebbi il coraggio di avvicinarmi.
    E tutti gli amici mi dissero : ne Gaeta’ , ma comm ci sta Di Bartolomei e manco un autografo ti sei fatto fare, na fotografia, niente??
    Gli risposi : non lo so che mi ha pigliat , vabbuò ci sarà un’altra occasione.
    Purtroppo fu la prima e’ultima volta che lo vidi.
    Due cose differenti ovvio, perché il mio rammarico di tifoso non può essere paragonato a quello di Luca.

  9. Agostì che caxxata che hai fatto! come hai lasciato scritto ti sentivi dentro a un buco… il mutuo che la banca non ti aveva accettato…qualcuno ti aiutava se lo chiedevi, se no fallivi e vabbè! che eri l’unico o il primo che falliva? ricomiciavi da zero.
    Ma che se fa così? de botto! te ne vai così? e tutto il dolore che lasci intorno? gente che ancora oggi je se strigne er core, non parlo dei familiari ovviamente, i primi, ma tutti noi che non siamo né parenti né amici ma ti amavano.
    Agostì spero che da lassù sei d’accordo co me, che caxxata che hai fatto!

  10. Mi sono commosso alle lacrime leggendo l’ultima risposta. Posso solo lontanamente immaginare il dolore di questo bambino rimasto orfano, improvvisamente, a 11 anni. Ho sofferto io da tifoso a leggere, il giorno dopo sul corriere dello sport, della tragica scelta di quel mitico capitano che aveva portato la nostra Magica alla vittoria dello scudetto e a primeggiare, quasi, in Coppa Campioni, figuriamoci quel bambino che poco ne poteva sapere di quella partita.
    Per me quella data è una doppia ferita.

  11. Dietro ad un calciatore, c’era un uomo sensibile e di cultura, già allora mosca bianca. Una delle poche colpe che do a Franco Sensi è di non averlo richiamato e di non avergli proposto un ruolo da dirigente. Per me è lui il vero grande capitano della Roma. Discreto, mai sopra le righe, di poche parole…ma sempre quelle giuste.

  12. Tutte spiegazioni valide. Ma rimane il fatto che la depressione è un male grave. Molto grave e vicevrsa molti lo trascurano. Nessuno ha colpa. Siamo fragili nel corpo e nella mente. Questo è il nostro splendore.

  13. …quella notte del 30 maggio 1984 piansi………….. e quella del 1994 ancora di più. Agostino, mio Capitano! Nessuno può permettersi di giudicarti, ne tantomeno si può criticare chi sceglie di togliersi la vita: una decisione simile non può essere mai senza sentimenti e motivazioni enormi. Poi Ago era di una sensibilità e profondità unica, bastava guardare il suo sguardo. Guardaci da lassù

  14. Sarebbe bello che lo stadio fosse dedicato a lui, magari un giorno quella coppa dei campioni la porteremo a casa. Il Bayern Monaco una delle migliori squadre d’Europa ha tutti ex calciatori nella dirigenza da sempre, è a posto con i conti e non compra le figurine a 100 milioni come PSG e City. Non capisco perché qui da Ago a Totti, nessuno possa rimanere in società, se al posto di Monchi c’era Totti probabilmente a quest’ora la famosa coppa poteva essere nostra.

  15. Io sono stato compagno di banco di Agostino Di Bartolomei per cinque anni consecutivi…
    Agostino, era un bambino molto introverso, ma intelligentissimo…
    La scuola elementare, frequentata da noi, si chiamava Antonio Raimondi ed era ubicata in viale Carlo Tommaso Odescalchi a Roma ( zona Tormarancia)…
    Il nostro maestro di allora si chiamava Romualdo Del Cielo ed era di origine abbruzzese ( ci faceva studiare a memoria tutte le poesie di G. D’Annunzio) …
    Abbiamo frequentato insieme anche il centro sportivo dell’O.M.I.( nag scuola calcio con l’ allenatore Trillò ) unitamente a Franco Quintini (a.1952) che abitava nel mio stesso lotto delle case popolari, ed era tre anni più grande di noi, ma già era soprannominato ” gatto nero” per le sue doti miracolose di agilità e di scatto di reni…
    L’unico handicap, purtroppo per lui, era l’altezza modesta…
    Infatti, sia io che Agostino, nonostante fossimo più piccoli di lui come età , eravamo già più alti, altrimenti lui sarebbe diventato sicuramente uno dei più forti portiere di serie A …
    La Roma provò tutte le cure ormonali per fargli aumentare l’altezza ma l’esito fu modesto…
    Dalla A.S. Roma fu preso prima lui e poi un anno dopo, se non ricordo male, anche Agostino Di Bartolomei…
    L’unico ad essere scartato e non preso in considerazione dalla A.S. Roma fui io… ma del resto, rispetto a loro, ero meno bravo…
    Ago, era già allora un fuoriclasse assoluto, destinato poi, ad esordire in serie A, e a calcare i più prestigiosi ed importanti stadi di calcio di tutto il mondo…
    Essendo la mia, una famiglia di grandi romanisti, sia per la grande amicizia che ci legava alla famiglia di Agostino, che per la fede calcistica , facemmo sempre un grande ed appassionato tifo per lui e per la magnifica…
    La sua morte sconvolse tutta la mia famiglia…
    Ad Ago ho voluto tanto bene…

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