Verdone: “Nel calcio non c’è poesia, ecco perchè non trova spazio nei miei film. La Roma? Sono preoccupato, cedere Zaniolo sarebbe un dramma”

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NOTIZIE AS ROMA – Carlo Verdone, attore e tifoso romanista, è intervenuto sulle frequenze di Non è la Radio – Febbre da Roma per parlare della sua fede giallorossa ma anche del futuro del club e delle possibili cessioni eccellenti che potrebbero essere necessarie per sistemare i conti. Ecco le sue parole:

La Roma è sempre stata molto citata nel cinema, ma tu, che sei l’ultimo erede della commedia italiana, non l’hai fatto quasi mai. È una forma di rispetto per la tua fede giallorossa?
«Ci fu un episodio, forse ne “I mostri”, con Gassman che interpretava il supertifoso della Roma, facendo urla incredibili per un gol: una prova da grandissima attore soltanto con questa esultanza. Io penso che il calcio non sia la Roma. La Roma l’ho citata solo in “Gallo cedrone”, quando sono in come dopo essere stato picchiato dagli integralisti islamici, e i miei amici per farmi risvegliare recitano la formazione della Roma dello scudetto. Quello è l’unico omaggio che ho fatto alla Roma. Io non tocco l’argomento calcio perché non ci trovo niente di poetico. Sono un tifoso appassionato e fedele, ma io devo trovare poesia e oggi nel calcio non c’è poesia. Lo vediamo anche in questi giorni, con tutti questi problemi, queste complicazioni politiche e burocratiche. Tutto è molto confuso e legato a interessi economi. Potrei fare un film su qualcosa che mi da uno spessore umano forte, su un maratoneta o anche un procuratore che cerca talenti, perché lì c’è un fattore umano, c’è un’anima, ma per la Roma non me la sento. Abbiamo avuto Alberto Sordi e Lino Banfi, a me francamente non viene molta voglia. Potrei fare un film su un uomo che lotta contro sé stesso, ma su una squadra di oggi, con i giocatori milionari, i diritti tv, tutto quello che c’è sotto, che c’è di poetico? Una volta il calcio era poesia, oggi è business. Dove c’è business non c’è poesia».

Che sensazioni hai sul futuro della Roma? Sei preoccupato?
«Sono preoccupato: tra l’epidemia e la delicata situazione del calcio italiano, Friedkin sembra aver fatto un passo indietro. La Roma è molto indebitata, il pericolo maggiore è dover cedere un gioiello come Zaniolo. Sarebbe una tragedia, l’ennesimo giocatore di talento ceduto. Dopo le cessione di Salah e poi anche degli altri, tutti dicevano che era Salah a voler andare via, ma non è vero. Salah voleva restare, invece ci hanno fatto credere che lui volesse andare via. Abbiamo ceduto giocatori con cui potevamo davvero vincere qualcosa, e che oggi vincono altrove. Avevamo l’oro in mano e non c’è rimasto niente. Abbiamo avuto squadre tenute insieme con lo scotch, che hanno fatto il loro meglio e non posso biasimarli, ma i giocatori non erano all’altezza di quelli ceduti. Le mie critiche sono rivolte soprattutto al presidente e alla sua voglia di fare qualcosa di importante in una grande città come Roma. Non mi sembra che sia così, che ci sia entusiasmo, che venga spesso a Roma. Chi comanda alla Roma? Tutti e nessuno. Sicuramente il presidente, ma per interposta persona. La Roma è una squadra mortificata, che sa quello che può fare, anche con un bravo allenatore come Fonseca, ma veri gioielli li abbiamo dati via. Se fai una squadra con i giocatori ceduti sei la squadra più forte del mondo, ma non abbiamo potuto tenerli. Io poi non sopporto le bugie: i giocatori volevano restare, sono stati ceduti per problemi economici. I ragazzi di talento come Zaniolo vanno tenuti a tutti i costi».

Tu hai vissuto un’epoca molto diversa rispetto a noi. Cos’è per te il romanismo?
«Io ho vissuto un’epoca in cui andavi allo stadio e non avevi paura. Soprattutto negli anni ‘60, tra Roma e Lazio si risolveva tutto a sfottò, qualche ortaggio tirato e un po’ di scenografia, ma non c’era violenza. Poi l’episodio di Paparelli cambiò tutto e il calcio prende un’altra direzione. Le curve cominciano a essere frequentate da altre persone, diventa tutto più aggressivo e si perde la poesia che c’era in passato, quando non succedeva niente. Poi siamo entrati in un’altra era, meno poetica. Per me il romanismo sono due colori: il giallo e il rosso. Sono quartieri come Testaccio, quartieri di una Roma vera di un tempo, dove veramente batteva il cuore giallorosso. Quando ti innamori di una squadra sei quasi te a scendere in campo. È questo il bello di questo sport: ti senti quasi un calciatore, perché sai che il tuo tifo spinge quelli in campo a correre. Per me la Roma è una gran parte di Roma. Poi c’è anche la Lazio, ma io la identifico con la mia città».

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12 Commenti

  1. Parole condivisibili, tranne che per :

    “Potrei fare un film su qualcosa che mi da uno spessore umano forte, su un maratoneta o anche un procuratore che cerca talenti, perché lì c’è un fattore umano, c’è un’anima, ma per la Roma non me la sento”.

    Raiola ha un’anima? 😂
    A meno che non fosse un’assist a Totti.

    • No perchè lui so anni cha fa i film per poesia…ma và vààà.
      s’è venduto a De Laurentis e saranno 15 anni che tira fuori film di cacca uno dopo l’altro…pensando solo all’incasso stile cinepanettone.
      Il primo Verdone era fantastico ma poi s’è imborghesito…
      Torna alle origini Carlè!

  2. Come sarebbe, nel calcio non c’è poesia???
    E la tripletta al derby dell’Aeroplanino, come altrimenti chiamarla?
    E il goal di tacco al volo di Amantino Manssssini?
    E…?

  3. Criticare è semplice e sono capaci tutti, capire è più difficile.
    È un grande attore è un grande tifoso della Roma, lo trovasse lui qualche, produttore cinematografico pieno di soldi che ti compra i campioni e non te li vende.
    Il calcio di oggi è così e lo fanno un po’ tutti, qui ci sono sei sette club al mondo che possono permettersi di fare come vogliono, tutti gli altri hanno più o meno gli stessi problemi che ha la Roma
    Sono polemiche sterili, quelle non si possono vendere i calciatori forti, sono polemiche da marionide

    • Infatti, la penso come te. Ormai tutti bravi a parlare, tutti sanno cosa bisogna fare, tutti sanno chi comprare.
      Peccato che l’UNICREDIT ha fatto opera di convincimento per far comprare il club nel post SENSI. Non c’era uno straccio di acquirente che spendesse 50 milioni non 500…
      Dove stavano tutti questi fenomeni allora? nessuno parlava, tutti in vacanza forse…
      Se la Roma è arrivata a costi ingenti di gestione, significa che gli investimenti li ha fatti eccome. Certo magari qualche giocatore non ha reso, purtroppo non sono arrivati trofei, ma non si può dire che non si è cercato di far bene.
      Se la Juve toppa acquisti come RABIOT BERNARDESCHI EMRE-CAN RAMSEY e per me anche RONALDO (visto che non ha portato nulla di nuovo, anzi con lui hanno vinto meno rispetto agli anni passati, spendendo solo per lui 300 milioni totali), allora a loro è concesso, perché vincono. Nello sport si deve vincere, non si deve provare a vincere. Capito.

  4. Comunque fare un film sul calcio, non significa fare un film sui giocatori dove fai vedere i suoi gol.
    Il film per esempio su Messi è bruttissimo, tutto un mostrare i suoi gol, da ogni angolazione, commentati da suoi ex calciatori e allenatori, non ha nessun senso.
    Non capisco come in Italia non ci siano registi, capaci di inventarsi una storia dove il tifoso è protagonista la sua passione e il calcio fa da sfondo a tutto ciò , in Inghilterra ne hanno fatti tanti di film così, alcuni anche belli.
    In Italia ci ha provato tanti anni fa Ricky Tognozzi con Ultra’ non fu neanche un brutto film, ma poi è rimasto un unicom, dispiace, che uno come Verdone, dice che non c’è poesia, perché vede il calcio solo come business, il procuratore, il maneggione, il calciatore milionario, le veline, però poi c’è anche lo spiantato senza un soldo, che è rimasto l’unico idiota a soffrire ancora per una squadra di calcio.
    E avoia lì quante storie si potrebbero intrecciare

    • Scherzi Roberto quel film è un capolavoro assoluto, a mio modesto avviso ti arrivo a dire che il contesto introspettivo, per certi versi quasi rientra nei livelli di modalità ed intensità di sua altezza Ingmar Bergman – per come lo vedo: giù il cappello!! tra i suoi lavori è in assoluto il mio preferito (c’è poco da fare i debutti spesso riescono ad essere delle creazioni uniche, le quali raggiungono altezze difficilmente replicabili)

  5. Scusami Carlo, io ti stimo come attore e regista ma questa mi sembra un po’ una stronzata.
    E’ vero che il calcio è cambiato e il business lo ha in parte rovinato, però continuiamo a seguirlo proprio perché nonostante tutto mantiene moltissima poesia e storie incredibili.
    Basti pensare al Leicester o All’Atalanta ultimamente, o la partita Roma-Barcellona, insomma per me questa volta hai toppato : )

  6. Grandissimo Carlo, pure con te se la sono presa i figli pingui di Cesare, parole condivisibili di un grande romano romanista.

  7. Proprio perché il calcio ormai è business non può esserci poesia.E nel business il presidente affida tutto ai manager, non esiste una multinazionale in cui la proprietà sia presente ma è tutto affidato a manager che gestiscono tutto. Nel calcio la passione è rappresentata dal tifo. Ma il tifo oggi è visto come un cliente che porta soldi al botteghino o tramite abbonamento pay tv. Il calcio anni 60 che descrive Verdone oggi può essere quello dilettantistico. Li giocano per amore dello sport. Nel professionismo l’ambizione dei giocatori è giocare nelle squadre in cui si guadagna di più e qualunque giocatore che riceve un’offerta multimilionaria anche dalla Cina ci va. Non certo per ambizione professionale ma di portafoglio.

  8. non sono d’accordo con Verdone (che pure mi è simpatico).
    de gregori ha tirato fuori una canzone meravigliosa sul giocatore di calcio, (la leva calcistica…)…
    in realtà molto dipende dalle capacità poetiche dell’artista, dalla sua capacità di estrapolare il bello da una situazione, dalla sua sensibilità o recettività.

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