ULTIME NOTIZIE AS ROMA – Bruno Conti, icona eterna della Roma, torna a parlare con la passione e la lucidità di chi il club giallorosso lo ha vissuto e amato come pochi. Campione del mondo nel 1982 e protagonista di pagine indelebili nella storia romanista, Marazico ha rilasciato una lunga intervista a La Repubblica, analizzando il momento della squadra, le prospettive future e l’impatto dell’arrivo di Claudio Ranieri. Parole che confermano il suo legame indissolubile con la Roma e offrono spunti interessanti sul presente e sul futuro del club.
Bruno Conti, tra pochi giorni festeggerà 70 anni. Se chiude gli occhi, qual è il primo ricordo che viene a galla?
“Ho vissuto più di 50 anni di calcio, non è facile. Ma il primo pensiero va a mio padre, a quando sono stato preso alla Roma nel ’74 e a casa nostra è arrivata questa notizia: aveva fatto sacrifici per crescere sette figli, quando gli dissi che mi avevano preso non stava più nella pelle. Era un taciturno, non è che parlasse tan-to, ma negli occhi vedevo la sua gioia, la sua soddisfazione: suo figlio andava a giocare nella Roma”.
Da li ai Mondiali del 1982: è vero che facevate degli stornelli, delle canzoni un po’ ironiche?
“Era con Gianpiero Marini: lui suonava la chitarra molto bene, allora io e Ciccio Graziani ci cantavamo sopra e venivano fuori delle canzoni un po’ strane, capito? Sa, le osterie…”.
Gli stornelli in ritiro, fuori il silenzio stampa.
“Eravamo a Vigo, ma eravamo partiti da Alassio già con tante polemiche, ammazzavano Bearzot, non gli perdonavano di aver portato Paolo Rossi dopo la squalifica, e poi al posto di Pruzzo… C’era veramente quest’aria pesante, già dopo la prima partita con la Polonia, che avevamo pareggiato. Noi, per alleggerirla, ci facevamo una cantata”.
E qualche sigaretta…
“Non è bello dirlo, ma fumo da quando ero ragazzino: siamo cresciuti in strada. Una volta era diverso, c’erano tanti calciatori con il vizio, sembrava normale. Poi, però, quando la vita ti presenta il conto e nascono problemi a livello medico, che vanno tanto ma proprio tanto a condizionare la tua salute, ci ripensi…”.
Le capita di aver paura?
“Di certe cose preferisco non parlare. Per rispetto, perché ci sono persone che di salute stanno peggio di me”.
Fumava molto?
“Non è che consumassi due o tre pacchetti al giorno. Altri fumavano molto più di me: il grande Zeman, a cui auguro tutto il bene possibile. E Walter Sabatini: giocavamo insieme e già fumavamo, ora abbiamo tutti e due la sigaretta elettronica”.
Da ragazzino ha conosciuto anche sua moglie Laura.
“In quel periodo lavoravo nel negozio di casalinghi di mia zia, portavo le bombole del gas negli appartamenti. D’estate, in uno stabilimento balneare, la vidi sotto l’ombrellone. Scoprii che alla mamma piaceva tantissimo Gabriella Ferri, allora iniziai a girare sulla spiaggia con un mangianastri acceso che suonava Er barcarolo vaaa…. Cercavo di andare il più possibile davanti a quell’ombrellone. Poi la mia futura suocera mi chiamò: “Ah, bel ragazzo, vieni un attimo qua”. Da lì, piano piano, ho cominciato a stare sotto all’ombrellone. Poi è stato fondamentale Rodrigo Placidi che era il terzino sinistro dell’Anzio: prima di un allenamento me la presentò e lì è iniziato tutto”.
La canzone La leva calcistica della classe ’68 è dedicata a lei o a Di Bartolomei?
“Molti pensavano fosse per me, per quel ragazzino con la maglia numero 7. Ma, come mi ha detto Francesco De Gregori, era dedicata ad Agostino”.
Le manca, Di Bartolomei?
“Lo avevo conosciuto prima di arrivare alla Roma: un cugino di mia moglie mi aveva invitato a fare una partita di calcetto a Lavinio, vicino alla mia Nettuno, e c’erano lui, Bruno Giordano e Stefano Di Chiara: non stavo nella pelle, ero romanista da sempre, andavo a giocare una partita insieme a gente che già era la serie A. Ci siamo conosciuti lì, poi il giorno che sono arrivato in prima squadra è stato il primo a accogliermi. E poi è diventato il mio capitano, con tutto quello che abbiamo vissuto insieme: scudetto, finale di Coppa dei Campioni: veramente lo amo”.
L’ultima volta che lo ha visto?
“È il mio rammarico. Poco prima che succedesse quello che è successo avevo organizzato una partita al palazzetto dello sport con tutti gli amici dello scudetto per raccogliere fondi per un amico rimasto paralizzato. Venne anche Agostino: era sereno, si rideva, si scherzava, non c’è stato nulla che potesse far pensare, non ci ha fatto capire cosa aveva dentro. Mi è rimasto quel rimpianto”.
Ha tanti amici anche fuori dal campo. Uno è Venditti.
“Mi invitò sul palco a un concerto a Nettuno. Negli anni da responsabile del settore giovanile, ogni volta che andavamo a fare una finale, mettevo sul pullman le canzoni di Antonello. La prima volta lo chiamai e c’era sotto la sua musica, portò fortuna, vincemmo. “Ogni volta che parti, mi devi telefonare”, mi disse. Questa cosa l’abbiamo portata avanti per anni”.
Lei ha anche allenato la Roma.
“Non l’ho allenata, l’ho traghettata. Nel 2005, il giorno del mio compleanno, ero a Cagliari a trovare i nipotini. Mi telefonò Rosella Sensi. E mi disse: “Abbiamo fatto una riunione e abbiamo pensato a te per guidare la Roma”. Ho capito cosa dovevo fare in quel momento. Ma è stato un anno particolare, ci siamo salvati a Bergamo con un gol di Cassano, avevamo davvero paura di retrocedere. E c’è un episodio…”.
Be’, raccontiamolo.
“Quell’anno morì il Papa e invitarono tutta la squadra in Vaticano. Convocammo i giocatori per dirglielo. Intervenne Cassano: “Ma è obbligatorio venire?”. Io già un po’ arrabbiato, risposi: “Assolutamente no, se non vuoi venire, non vieni”. Dopo un po’ lui fa: “Però se non vengo non vorrei che poi i giornalisti…”. Non vi posso dire quello che gli ho detto, l’ho rovesciato. Ma con Antonio c’è un affetto profondo, ci vogliamo ancora oggi un bene dell’anima”.
Con Mourinho che rapporto ha avuto?
“La prima volta che l’ho visto ero a Trigoria, stavo fumando una sigaretta con dei dipendenti. José è passato con questa macchinetta, una golf car. Ci ha visto, ci ha superato, poi mi ha riconosciuto: è tornato indietro per abbracciarmi, mi ha detto che mi aveva visto giocare a Lisbona. Abbiamo avuto un bel rapporto, anche se in quel periodo stavo facendo delle terapie. Quando ha avuto quattro giornate di squalifica è venuto in ufficio:
“Bruno, mi farebbe molto piacere se potessi essere vicino alla squadra, in questo periodo”. Lo sento spesso, Ancelotti è un amico comune”.
Ecco, Ancelotti: ha mai provato a portarlo alla Roma?
“Ma come potevi portarlo via Carlo dalle società dove è stato? Bayern, Chelsea, Real… certo la battuta gliel’ho fatta, anche l’ultima volta: “Dici sempre che sei della Roma, ma quando vieni ad allenarla?”.
Ci riproverà, a breve?
“Eh, adesso è al Real Madrid, oltre la battutina è difficile andare. Anche se con Carlo ho proprio un rapporto di famiglia. Sono stato a casa sua, con il papà, la mamma, prima di andare in Nazionale ho dormito da lui, siamo stati in vacanza insieme. Quando ha avuto l’infortunio al ginocchio dormivamo nella stessa stanza e mi mettevo sopra questo ginocchio gonfio così per cercare di allungarlo, di stenderlo. È un’amicizia, una di quelle vere”.
Fonte: La Repubblica
storie di un calcio che non esiste più.
e Lui…lo abbiamo solo noi !
Bellissima intervista ad un uomo ed un campione vero
Probabilmente è solo nostalgia di quegli anni in cui ero ragazzino, ma quanto era bello quel calcio pieno di persone e non divi. Racconti ed aneddoti hanno sempre un alone di normalità.
Ogni tanto quando non so cosa fare vado sul tubo e mi guardo due video di Brunetto nostro, ma quanto era forte?
Totti è stato il più forte,
ma Bruno resterà per sempre il mio preferito.
Grande Marazico.
più forte de chi?
de Bruno?
lassa perde.
tipi diversi, caratteristiche diverse e gol a palate che parlano per Francesco ma se parliamo di calcio, Conti valeva Maradona quando era in giornata.
lascia stare.
Bruno è un campione vero, anche come comportamento. Che dire poi del suo talento nel riconoscere i nuovi giovani da fare crescere. Spero che presto nella Roma, possa essercene un’altra con la stessa bravura per non farcene sentire troppo la mancanza.
…era partito daa Alassio? 😮…🤦🏻♂️🤦🏻♂️🤦🏻♂️
Al di là della grande classe come giocatore, è la sua umanità immensa che lo rende veramente unico.
SSFR
Daje Bruno sono con te e Totti al 100%, ANCELOTTI è l’uomo giusto per vincere a Roma!
Bruno, tu sei la Roma per chi come me aveva 10 anni nell’82 … e non dico altro
Io voglio un gran bene a Totti e DDR e non potrebbe essere altrimenti, ma quando il mio pensiero va a Bruno Conti, Francesco Rocca, Agostino Di Bartolomei, per me la Roma, la mia Roma, non può che essere la loro.
Uomini prima ancora che grandi calciatori.
@drastico…hai detto 3 nomi…3 monumenti. Concordo appieno, al 1000%. “Uomini prima ancora che calciatori”
❤️🧡💛SSFR💛🧡
Io ci aggiungrei anche Pruzzo, il bomber borbottone…con le difese attuali farebbe tre gol a partita!!!
Grandissimo Bruno, funambolo come pochi ar monno sei stato, con Agostino grande Capitano, il simbolo di una Roma spettacolare e unica. Quanto te vojo bene! 💛❤️
quando sento CON IL NUMERO 7 e vedo Pellegrini…
lasciamo perdere.
io avrei ritirato anche la tua de maglia, Brù.
insieme a Donadoni, le due ali più grandi della storia del calcio italiano. te vojo bene, MaraZico
Tra Conti e Donadoni c’è un abisso, non scherziamo. Al limite gli si può paragonare Domenghini o Causio, ma sempre inferiori sono.
Io ringrazio il Padreterno per avermi fatto romanista!
E Lui si è “palesato a mw” sotto le mentite spoglie di gente come Bruno, Agostino, Nela, Maldera, Tancredi, Falcao, Pruzzo….
Grazie ragazzi!
Mi avete reso un ragazzo felice ed oggi un uomo migliore.
Perché siamo cresciuti assieme con “quei valori” !!!
FORZA ROMA
Nomi altisonanti come come Pruzzo ,Francesco Rocca ( che ha chiuso la carriera troppo presto , ricordo i suoi epici duelli in velocità ,KAVASAKI, contro Lato ed ha aiutato Ancelotti a non chiuderla passandogli l ‘ esperienza della sua operazione ) L’ immenso come uomo e giocatore DI BARTOLOMEI AGOSTINO , lo stesso Ancelotti e Brunetto Conti pezzi di una ROMA gloriosa ed ancora( purtroppo )inarrivabile . Bruno ,spingi ed insisti sul tasto del sentimentalismo e dell’ amicizia non mollare la presa e portaci CARLETTO IN PANCHINA , se poi riusciamo a ” infilare “in società campioni come Boniek – Tommasi – Nela – Pruzzo – Rocca e qualcun altro che ora mi sfugge , allora saremo UNA CORRAZZATA inaffondabile e si aprirebbe un’ era giallorossa per conseguire trofei infiniti .FORZA ROMA
Di Bruno ce n’è uno e viene da Nettuno
…..
che palle basta co sto tormentone…….
purtroppo per voi, la lazzie non ha mai avuto campioni e uomini simili.
E non ha menzionato la partita di addio al calcio 23 Maggio 1991 (io c’ero) con 80000 spettatori……il giorno dopo la finale di coppa UEFA contro l’Inter 22 Maggio 1991 (io c’ero) sempre con 80000 spettatori. Quanti ricordi!!!Non e’ retorica ma solo noi siamo capaci di simili atti d’amore 💓🧡💓🧡💓
Ho già espresso tante volte il mio pensiero su Brunetto..
Beh per me, tra le tante bandiere che possiamo vantare lui è la bandiera.. Anzi la bandiera delle bandiere..
Perché lui è tutto.. Romanista, Campione, Fedele, Unico..
Stiamo parlando di un fenomeno assoluto di un calcio che non esiste più, un calcio che a differenza di oggi collezionava campioni.. E lui era ciò che più si avvicinava alla massima espressione..
Scudetto con la Roma.. Cosa che capita raramente, campione del mondo da protagonista, e stato uno dei campioni che ha portato la Roma in una finale di coppa campioni.. E non è una cosa rara.. È una cosa unica..
E rimasto sempre fedele a questi colori.. Quando da giocatore poteva giocare ovunque.. Dopo il calcio e entrato in società.. Ha avuto spesso ruoli marginali.. E stato mandato via poi richiamato.. Poteva rifiutare ma è tornato..
E nella Roma da 50 anni.. E non gli ho mai sentito criticare nessuno davanti ad un microfono.. Classe e rispetto..
Chi oltre a lui vanta questi numeri.. Sia da calciatore che da dirigente con la Roma?
Per questo per me lui va oltre la definizione di bandiera.. Lui stesso è una parte della Roma..
Grazie Bruno..
Forza Roma
Ben detto, tutto vero, ma non scordare mai di menzionare il grande Giacomino Losi, Romano d’adozione, Core de Roma, che ha rinunciato ai soldi (tanti ma tanti) delle strisciate, firmava il contratto annuale (a quel tempo si usava così) che lo legava alla ROMA, in bianco (datemi quanto avrò meritato, era solito dire). Potrei continuare ancora per molto, perchè di aneddoti e storie che ci narrano di Lui, come la bandiera più importante della storia della ns ROMA, sono tantissimi, commoventi, unici.
Storie e nomi di calcio Vero, quel calcio romantico che oggi non esiste più.
🧡❤️